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SERGIO BRIZZOLESI

scultore
 

 

Ennio Concarotti
(1983)

II reale e il fantastico nelle opere di Sergio Brizzolesi

Primo piano sullo scultore piacentino Sergio Brizzolesi. Nella bella e ampia rassegna di pittura, scultura e grafica allestita in Sant'Agostino, egli emerge senz'altro come uno dei protagonisti più interessanti. Brizzolesi ha nelle mani la sicura tecnica appresa al Gazzola e a Brera e personalizzata nelle sue esperienze artistiche vissute all'estero e in Italia (soprattutto a Milano dove egli lavora ed ha lo studio). Una tecnica così tattile e possessiva da significare, per uno scultore, uno «stile» di intervento sulla materia che va al di là del puro fatto tecnico e diventa partecipazione, confidenza, amore per qualcosa (plastiline, crete, materiali t vari) che via via si trasforma in opera viva sotto le sue mani. Ecco perché nelle sculture di Brizzolesi si avverte il «calore» di questo passaggio della scintilla creativa nella materia. È un mo- mento molto importante della produzione artistica che a torto molti artisti minimizzano operando con un tecnicismo forse anche abilissimo ma distaccato, freddo, puramente strumentale. Questa osservazione sullo stile tecnico, sul modo di operare sulla materia di Sergio Brizzolesi, vale anche e ancor più per il suo stile creativo, per il suo modo di intendere il fatto d'arte, d'inventarlo, di amarlo, di realizzarlo. E questo si spiega molto semplicemente annotando i dati salienti della sua personalità che è viva, sensibile, attenta ed emotiva, ricca di carica umana. Da uno scultore così non possono che nascere personaggi, simboli, suggerimenti caldi e vibranti, in continuo «movimento spirituale» oltreché materico. Così le sue stupende «ragazze» adolescenti (le figure intere o i soli volti) non sono soltanto belle da vedere ma coinvolgono chi le guarda in un'emozione che sta a testimoniare l'avvertimento spirituale che ha voluto inviare l'autore. La scultura intesa ed espressa così diventa messaggio e dono della propria intima ricchezza. La figurazione di Brizzolesi unisce armonie ed eleganze classiche a soluzioni modernissime ed originali che «rompono» la figura ambientandola in un mito, in un simbolo, in un racconto veri soltanto nel suo mondo fantastico. Il suo «Angelo caduto dal cielo» riassume perfettamente queste considerazioni. L'«angelo» ha il volto bellissimo ed estatico - non drammatico - di una delle sue adolescenti in fiore. Il corpo giovane e svelto si allunga, senza dolore, in una specie di magro ed essenziale splendore. Cadendo dal cielo, colpito da un duro proiettile (la cattiveria degli uomini che sparano anche contro le stelle?), s'è rotta una gamba che appare curata con sottili e primordiali strutture ortopediche. Su questa gamba d'angelo ferito, Brizzolesi è intervenuto con un realismo descrittivo addirittura minuzioso. Tutta l'opera, nel contrasto realtà-mito-fantasia, è pervasa da un suggestivo fervore spirituale. E segna - a mio avviso - il momento più alto della sua scultura.

 
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